DECENNIO
1990
1990
La progettualità di Giovanni Arvedi, la chiusura della Olivetti e l’avvento della globalizzazione
«Andava ricostruito un rapporto con le istituzioni, la politica e la società civile, su basi nuove, più partecipative e trasparenti. – ricorda Giovanni Arvedi, tornando agli anni della sua presidenza a Confindustria Cremona (1989-1993) – Ritenevo questo un mio compito prioritario e da questa constatazione mi nacque l’idea di predisporre un programma di lavoro che chiamai ‘Cremona 2000’, che potesse fungere da base per la mia presidenza, ma soprattutto fosse in grado di coinvolgere le istituzioni e tutte le altre categorie economiche. Venivano proposti progetti concreti ma, quello che ritengo più importante, indicava anche le risorse economiche necessarie per realizzarli e i soggetti pubblici e privati che li dovevano sostenere. Il mio sforzo fu quello di far capire a tutti che, come succede in ogni azienda, programmare il futuro è il miglior modo per governarlo».
Nel 1992 era entrata in funzione, a sud di Cremona, l’Acciaieria Arvedi, retta su una tecnologia innovativa. L’idea era produrre secondo un processo continuo che trasformasse l’acciaio in un solo ciclo estremamente compatto, in grado di ridurre i consumi con prestazioni più elevate. I successi raggiunti, sviluppati e perfezionati negli anni, sarebbero valsi al Cavaliere varie lauree honoris causa e prestigiosi riconoscimenti internazionali, spesso unici in Italia. Uomo coraggioso, dai numerosi interessi, Giovanni Arvedi appare il prototipo dell’imprenditore multiforme, attivo nei più diversi ambiti della società. Nel 1983 aveva rilevato, «Mondo padano», il settimanale di Cremona, e l’anno successivo era entrato nel salvataggio della Rizzoli-Corriere della sera insieme a importanti figure del panorama nazionale, quali l’avvocato Giovanni Agnelli. Con la moglie Luciana Buschini, nel 1988 aveva costituito la Fondazione Arvedi-Buschini, attraverso la quale ha sostenuto importanti interventi sociali e culturali nella sua città, come il Museo dei Violino, il campus universitario di Cremona nell’ex monastero di Santa Monica e il Museo diocesano. In ambito sportivo, ha rilanciato l’atletica, il ciclismo e soprattutto il calcio, con l’acquisto nel 2007 dell’US Cremonese.
Nel campo della solidarietà, come poi in quello dell’arte, sarebbe stato però su tutti Gianfranco Carutti a incarnare il volto di un’imprenditoria sensibile alle ragioni dell’uomo. Presidente del gruppo concertistico La Camerata di Cremona e della Società Concerti, importante collezionista e socio fondatore degli Amici del Museo di Cremona – al quale avrebbe donato numerose opere di pregio -, tra il 1966 e il 1967 il titolare della Wonder aveva riunito attorno a sé il gruppo cremonese Amici dei lebbrosi, legato alla rete di Follereau, costruendo anche un orfanotrofio in Etiopia e prendendosi cura dei rifugiati cattolici in Sudan, Paese al quale avrebbe indirizzato anche gli aiuti del sodalizio umanitario Jambo Africa, da lui fondato nel 1999. A Cremona creò gli Amici dell’Ospedale realizzando la Casa Elisa Maria per anziani indigenti autosufficienti, e sostenendo la Fondazione Dopo di noi insieme per ragazzi disabili.
Tutto questo accadeva mentre l’industria cremonese stava rivedendo il proprio assetto, in risposta alle sfide lanciate dalla globalizzazione. Nel 1992, dopo lunga agonia, chiudeva i battenti l’Olivetti di Crema, creando un vuoto difficile da colmare. Due anni prima la ‘stella’ di Negroni veniva venduta alla Kraft e successivamente alla Chiari & Forti di Giulio Malgara, prima di passare nel 2002 al gruppo Veronesi. Nel 1993 la Sperlari, altro marchio storico,passava sotto il controllo della americana Hershey, che l’acquisiva dalla Heinz, a sua volta proprietaria dal 1981 dopo la Pernigotti; nel 1997 entrava nel gruppo Leaf Italia, controllato dalla finlandese Huhtamaki e successivamente dall’olandese Csm, prima di passare dal 2017 al gruppo tedesco Katjes International. Sorte analoga toccava alla Sicrem di Pizzighettone, specializzata nella produzione di filati sintetici per pneumatici, già Ata Pirelli, poi frutto di un accordo societario fra Pirelli e Montefibre, ceduta al gruppo Radici di Bergamo e dal 2007 parte dell’austriaco Glanzstoff Group. Sempre nel 1993 la Brunelli di Picenengo veniva assorbita dalla Barilla.

