DECENNIO

1970

1970

I limiti della mancanza di una cultura industriale diffusa

Intervenendo sulle pagine della rinnovata Rassegna della Camera di commercio nel 1972, il presidente Bruno Loffi, direttore del Consorzio irrigazioni cremonesi dal 1957, interpreta l’ancor scarso livello d’industrializzazione del territorio sulla scorta principalmente di ragioni culturali. Secondo Guido Grassi, anima dell’Ocrim, che aveva saputo diffondere l’expertise di Cremona nel mondo, erano essenzialmente tre i motivi per cui scarseggiavano in loco imprese e dirigenti: la mancanza di una tradizione industriale, e quindi la notevolissima maggior difficoltà a trasferire nel settore competenze provenienti da altri ambiti (agricolo, artigianale, professionale); lo scetticismo radicato nei ceti dirigenti, di prevalente estrazione rurale, nei confronti di nuove iniziative industriali; infine, un’errata politica finanziaria condotta dalla maggior parte degl’istituti di credito locali, restii a sostenere nuovi progetti.
D’altronde, il nuovo presidente degl’industriali Innocente Bassani, imprenditore tessile e del legno proveniente da Annicco, insiste fin dalle prime assemblee perché i suoi rappresentati non rimangano soggiogati alla «dedizione assoluta ed esclusiva alla produzione», ma si avvicinino alla realtà circostante, trasferendovi la loro «personalità umana» e il loro «impegno morale e civico».

In termini assoluti, continuano a prevalere sul territorio aziende di piccole dimensioni, inferiori ai 10 occupati, che rappresentavano l’85,7% del totale, impiegando però poco meno di un quarto degli addetti, contro il 38% delle unità locali maggiori, con più di 100 dipendenti ma all’incirca corrispondenti all’1% del numero complessivo.
Dopo il 1961 a svilupparsi era stato soprattutto il circondario cremasco, per «la vicinanza con le aree industrializzate della Lombardia, il proliferare, sotto l’impulso della domanda di indotto, di iniziative terziste (specie nella meccanica), la disponibilità di spazi per la localizzazione degli stabilimenti e la conseguente significativa diffusione di un’imprenditoria prevalentemente esogena sovrapposta[si] all’iniziativa locale». Ricettiva a ogni tipo d’industria, dal 1955 Crema aveva accolto l’olandese Van Den Bergh negli spazi dell’ex margarinificio Arrigoni, nel frattempo passato alla Gaslini di Genova. Sempre nel quartiere di Santa Maria della Croce, la stessa multinazionale aveva esteso la produzione alla maionese e ai formaggini, mentre nel settore della meccanica di precisione dal 1969 l’Olivetti era subentrata alla Serio-Everest. Sempre a Crema continuava a prosperare, tra le altre, la Villa e Bonaldi, dai primi anni Settanta impegnata soprattutto nella fabbricazione di scambiatori di calore a fascio tubiero per raffinerie, impianti chimici e petrolchimici, centrali termoelettriche.

In generale, i consolidati segni di ripresa del decennio precedente subiscono tuttavia un leggero rallentamento negli anni Settanta, in conseguenza dell’andamento economico nazionale. A mostrare maggiore capacità di tenuta è il settore alimentare: al disinteresse per il formaggio grana, vanto della produzione locale, le latterie contrappongono una più varia offerta di formaggi, mentre nel comparto dolciario l’attenzione degli operatori è particolarmente rivolta al marketing. Ottimo, tutto sommato, l’andamento del settore chimico e soprattutto dei fertilizzanti, per la sempre più forte richiesta da parte dei produttori agricoli. Ne consegue, in generale, un continuo crescendo delle posizioni assunte da Cremona nella graduatoria nazionale del reddito pro capite, passata dal diciassettesimo posto del 1973 al nono del 1980 e al terzo del 1987, preceduto soltanto da Aosta e Milano.